Visita medica in intra moenia – Mancato versamento della percentuale spettante all’Azienda ospedaliera – Peculato
La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6945 depositata il 17.02.2023 ha confermato la condanna del medico per il delitto di cui all’art. 314 C.P. in ragione del mancato versamento alla struttura pubblica della percentuale delle somme incassate in conseguenza delle visite mediche effettuate presso il proprio ambulatorio privato in regime di cd. intra moenia allargata.
Il processo di merito e le ragioni del ricorso
Nel caso in esame il sanitario, assolto nel giudizio di primo grado, era stato condannato dalla Corte di appello per l’ipotesi di peculato: il processo di merito aveva accertato che il medico aveva effettuato visite presso il proprio studio in regime di c.d. intra moenia allargato, senza indirizzare i pazienti al CUP dell’Ospedale; non aveva rilasciato documento fiscale; non aveva versato all’ospedale la quota di competenza di compenso negli episodi accertati nel periodo 2012-2013 addirittura eludendo il meccanismo predisposto dalla struttura sanitaria di riferimento.
Per quanto di interesse, l’imputato con il ricorso deduceva la non configurabilità del reato per difetto del requisito rappresentato dal c.d. nesso funzionale che deve connotare il possesso del denaro (o di altra cosa mobile) altrui e che, nell’economia della fattispecie, funge da presupposto della condotta appropriativa: il peculato si può configurare a carico del sanitario solo se il professionista utilizza le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa.
La questione posta all’attenzione dei giudici di legittimità riguarda quindi l’interpretazione della locuzione “per ragione del suo ufficio o servizio”, elemento ritenuto insussistente nel caso di specie dalla pronuncia di primo grado ed invece integrato dalla pronuncia di appello.
Sul punto, nella giurisprudenza si è da tempo delineata una bipartizione tra concezione occasionale e concezione funzionale del nesso.
La decisione della Corte
Nella sentenza in commento la Cassazione ha accordato preferenza alla concezione funzionale del nesso ponendosi nel solco di una giurisprudenza maggioritaria che in casi sovrapponibili ha ravvisato pacificamente la sussistenza del reato di cui all’art. 314 C.P. (ex multis, Sez. 6, n. 23792 del 10/03/2022, Negro, Rv. 283274; Sez. 6, n. 15945 del 18/02/2021, Del Gaudio, Rv. 280967; Sez. 6, n. 29782 del 16/03/2017, Tenaglia,Rv. 270556).
L’interpretazione che attribuisce rilievo a situazioni in cui il pubblico ufficiale abbia il possesso di denaro (o della cosa mobile) altrui per ragioni meramente contingenti, oltre a discostarsi dal senso testuale delle parole, “destruttura il tipo del peculato, sminuendone la costruzione come reato proprio“.
Oscura il dato dello sviamento della cosa dalla sua destinazione alla finalità di pubblico interesse ad opera proprio di quel soggetto qualificato (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) che, invece, avrebbe dovuto assicurarla. Con altre parole “la concezione occasionale del nesso nega rilievo al profilo dell’abuso che, elemento non espresso di fattispecie, catalizza però per larga parte il disvalore del tipo”.
Il delitto di peculato è, infatti, sì posto a tutela dell’interesse patrimoniale, peraltro dal testo legislativo non necessariamente riferito alla pubblica amministrazione (potendo il denaro o la cosa essere anche di terzi privati). Ma tale interesse patrimoniale, sostiene la Corte, è strumentale alla realizzazione di scopi istituzionali da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio.
Sicché, in ultima analisi, “nella frustrazione di tali scopi consiste la lesione del bene “buon andamento della pubblica amministrazione” (art. 97 Cost.) tutelato dalla fattispecie e la cui offesa giustifica una risposta sanzionatoria così rigorosa per il peculato il cui disvalore, a ragionare in modo diverso (e cioè in base alla concezione occasionale), in nulla differirebbe da quello di un reato comune contro il patrimonio, quale l’appropriazione indebita o il furto“.
La circostanza che la condotta del medico sia stata contra legem (il medico del SSN non può svolgere attività presso il proprio studio se non in regime convenzionato intra moenia), in uno con il fatto che i pazienti si rivolgessero a quel dottore in ragione della sua fama, non rendono tuttavia “occasionale” il suo rapporto con il denaro pubblico: non tolgono che l’appropriazione della quota spettante alla struttura ospedaliera sia avvenuta in ragione funzionale del suo pubblico ufficio.