Truffa on line e aggravante della minorata difesa: sempre in caso di “distanza” tra vittima e agente.
Il principio di diritto riaffermato dalla Sesta Sezione penale della Cassazione nella sentenza numero 18585/2024 – depositata il 10/05/2024, è stato applicato per risolvere un processo in cui i giudici di merito avevano unanimemente ritenuto l’imputato colpevole di sette episodi di truffa aggravata ai sensi dell’art. 61 n.5 C.P. L’imputato aveva proposto a diverse persone la vendita online di scarpe da ginnastica, incassando i relativi pagamenti senza mai consegnare le scarpe agli acquirenti.
Secondo la difesa dell’imputato, l’applicazione della circostanza aggravante doveva essere considerata illegittima poiché, sebbene l’imputato si fosse inizialmente presentato online proponendo la vendita di un paio di scarpe di cui era realmente in possesso, aveva comunque utilizzato la sua vera identità. Infatti, aveva impiegato il proprio profilo Facebook e fornito agli acquirenti il proprio documento d’identità, numero di telefono e indirizzo di residenza, rendendo così la sua azione illecita meno insidiosa.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando precedenti orientamenti giurisprudenziali ( cfr. sent. n. 19737 del 22/03/2017, Pm in proc. Cristaldi, Rv. 269893 – 01), per i quali sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, C.P., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “online”, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo dove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore per quest’ultimo, consentendogli di nascondere la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta (applicando tale principio, la Corte aveva annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale che aveva respinto l’appello contro l’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare ed aveva escluso l’aggravante della minorata difesa, ritenendo che l’annuncio relativo alla vendita di beni, inserito in un sito internet, costituisse una modalità della condotta, e non una circostanza di luogo, nel quale la distanza accomuna entrambe le parti, che ne accettano i rischi affidandosi alla buona fede dell’interlocutore)»
Tale valutazione non è in contrasto con il precedente della Sez. 2, n. 1085 del 14/10/2020 – dep. 2021, Salamone, Rv. 280515 – 01, che ha chiarito come in tema di truffa contrattuale, non si applica l’aggravante della minorata difesa, ai sensi dell’art. 61, n. 5, C.P., quando il primo contatto tra venditore e acquirente avviene su una piattaforma web e prosegue tramite messaggi telefonici e incontri di persona per la visione e cessione del bene, con consegna di assegno circolare poi risultato falso, poiché, a differenza delle trattative svolte interamente online, in questo caso non si verifica la costante distanza tra venditore e acquirente che potrebbe mettere quest’ultimo in una situazione di debolezza nella verifica della qualità del prodotto e dell’identità del venditore. Situazione, questa, diversa da quella indicata nella sentenza in esame, dove si evidenzia l’assenza di contatti di persona tra l’imputato e gli acquirenti e l’utilizzo, in alcuni casi, di una falsa identità e di documenti postali contraffatti da parte dell’imputato.