Stupefacenti e coltivazione: il rapporto tra fatto di lieve entità e causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis C.P.
In un caso di coltivazione e detenzione di marijuana, la Cassazione Quarta Sezione con sentenza 48645/2022 (dep. 22.12.2022) ha accolto il ricorso del Procuratore generale avverso la sentenza che, qualificato la condotta ai sensi del comma 5 dell’art. 73, aveva assolto l’imputato per non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il fatto e il giudizio di merito
La Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado che aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 73 comma 4 DPR 309/1990 (coltivazione di n. 7 piante di canapa indiana e detenzione di gr. 280 di foglie di marijuana e gr. 30 di infiorescenze essiccate di sostanza dello stesso tipo, il tutto per un principio attivo di THC tra il 7,77% e il 34,40%, con 1566,1 dosi medie singole ricavabili), aveva dichiarato l’appellante non punibile per particolare tenuità del fatto, riqualificato il reato ascritto nel delitto di cui all’art. 73 comma 5 DPR 309/90.
Il ricorso e la decisione della Corte
La Procura generale ha presentato ricorso deducendo l’erronea applicazione della legge penale con riferimento sia alla riqualificazione nell’ipotesi di lieve entità sia quanto alla ricorrenza della particolare tenuità, oltre al vizio di motivazione su entrambi i punti.
Nell’accogliere l’impugnazione della parte pubblica i giudici di legittimità si sono dapprima soffermati sulla configurabilità del reato di coltivazione degli stupefacenti secondo l’orientamento ormai consolidato dalla nota sentenza a Sezioni Unite Caruso n. 12348/2020: la rilevanza penale della condotta, ferma la conformità della pianta al tipo botanico e la sua attitudine alla maturazione, prescinde dalla quantità di principio attivo, ma la punibilità è esclusa per quelle attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica che, per il carattere rudimentale delle tecniche utilizzate, il numero delle piante, il quantitativo ricavabile, appaiono destinate all’uso esclusivamente personale.
Ad avviso della Cassazione per ritenere sussistente l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR 309 con specifico riferimento al reato di coltivazione “deve aversi riguardo sia al principio attivo ricavato nell’immediato, sia a quello ricavabile all’esito del ciclo biologico delle piante, sia ad una apparente destinazione per uso non esclusivamente personale, per tipo, qualità, quantità e livello di produzione, tenuto conto del fabbisogno medio dell’agente“.
In questi casi, ha specificato la Corte, è onere dell’imputato dimostrare la propria condizione in relazione al livello di consumo (assuntore piuttosto che tossicodipendente) al fine di avvalersi del dato in funzione estintiva o modificativa rispetto la contestazione dell’accusa.
Ciò posto, la sentenza impugnata non avrebbe rispettato i criteri interpretativi richiamati, avendo omesso l’indicazione degli elementi dai quali avrebbe ricavato l’uso personale da parte dell’imputato e neppure in quali termini rispetto alla destinazione a terzi; inoltre non risultava motivata la ritenuta scarsa incidenza sul mercato di riferimento del numero di dosi ricavabili pari a 1566.
La differenza tra fatto di lieve entità e art. 131 bis C.P.
Nel disporre l’annullamento con rinvio il Collegio ha precisato che i giudici di merito, ferma restando la cornice edittale prevista per il fatto che riteranno all’esito della valutazione, dovranno tener presente che la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73 comma 5 DPR 309/90 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis C.P. sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti.
Ed infatti: “mentre, ai fini della concedibilità della prima, il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il carattere non abituale della condotta” (cfr. sez. 3, n. 18155 del 16/4/2021, Diop, Rv. 281572, in cui, in applicazione del principio, la Corte ha escluso la contraddittorietà della sentenza impugnata che, a fronte del rinvenimento nella disponibilità dell’imputato di gr. 23,00 di marijuana, pari a 47 dosi complessive, aveva giudicato il fatto di lieve entità, negando la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis C.P.; principio già affermato in sez. 4, n. 48758 del 15/7/2016, Giustolisi, Rv. 268258)”.