Sicurezza sul lavoro – Cantieri con più imprese – Responsabilità del committente e nomina del coordinatore per l’esecuzione
Interessante pronuncia della Corte di Cassazione Sezione Quarta n. 42845 (dep. 19.10.2023) in tema di sicurezza sul lavoro (allestimento palco per concerti) e responsabilità del committente nella designazione del coordinatore per l’esecuzione dei lavori nei cantieri dove è prevista la presenza di più imprese esecutrici.
Il caso concreto
La vicenda in esame riguarda, per l’appunto, il crollo di una struttura metallica, denominata ground support avvenuta nel corso dell’allestimento di una palco per un concerto musicale presso un palazzetto sportivo, evento che si è definitivamente accertato esser stato conseguenza di un errore di calcolo nella progettazione da parte del progettista, già condannato.
L’attenzione, nella specifica sede, si è concentrata sul ruolo di committente rivestito dall’imputato legale rappresentante di s.r.l., società organizzatrice dello spettacolo, committente dell’opera in forza di contratto di appalto stipulato con s.r.I., incaricata della fornitura e posa in opera del ground support, e segnatamente sugli obblighi che gravano, in base alla normativa antinfortunistica, su tale particolare figura.
Nei cantieri in cui intervengano più imprese per l’esecuzione, anche non contemporanea, dei lavori l’art. 90 comma 4 D.Lgs. n. 81/2008 prevede l’obbligo di designazione del coordinatore prima dell’affidamento dei lavori.
Nel giudizio di merito la sentenza di secondo grado aveva ribaltato il verdetto di condanna a seguito di un giudizio controfattuale operato sul presupposto che, anche ove nominato dal committente, il coordinatore non avrebbe avuto l’obbligo di attivarsi, atteso che il rischio concretizzatosi non era collegato ai suoi doveri di alta vigilanza, bensì a un vizio occulto, non percepibile da parte di un soggetto dotato di comuni conoscenze.
I giudici di legittimità hanno annullato con rinvio il provvedimento di assoluzione evidenziando un vizio di fondo del ragionamento dei giudici d’appello che avrebbero confuso i due piani della causalità della colpa e della colpa in senso soggettivo, esaminandoli unitamente e giungendo a conclusioni non coerenti con i principi che regolano la materia degli infortuni sul lavoro.
La questione giuridica
Con specifico riferimento al rischio interferenziale, dalla cui ricorrenza discende l’obbligo di nomina del coordinatore in capo al committente, ai fini della verifica della sua ricorrenza, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione -, ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (sez. 4, n. 1777 del 6/12/2018, dep. 2019, Perano, Rv. 275077-01, n. 37776 del 24/5/2019, Unipol Sai Assicurazioni SpA, Rv. 277354-01)
Quanto agli obblighi e ai poteri di tale figura la Corte ha ribadito che <<il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano, per l’appunto, compiti di “alta vigilanza“, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali
modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (cfr. sez. 4, n. 45862 del 14/9/2017, Prina, Rv. 271026, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del coordinatore per le lesioni subite da un lavoratore, in ragione dell’inidoneità del piano operativo di sicurezza predisposto dall’impresa, che non contemplava specifiche misure contro il rischio di caduta attraverso lucernari, indicato nel piano di sicurezza e coordinamento)>>.
E’ stato inoltre precisato che detta funzione di alta vigilanza ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo cioè alle fonti di pericolo riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese.
Ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (cfr. sez. 4, n. 3288 del 27/9/2017, Bellotti, Rv. 269046-01, in cui in applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato parzialmente con rinvio la sentenza di condanna del coordinatore per la sicurezza dei lavori in relazione al decesso causato dalla precipitazione dal tetto di un dipendente dell’impresa appaltatrice dei lavori di rimozione delle lastre di copertura, rilevando che non era stato accertato se si trattava di un rischio generico, relativo alla conformazione generale del cantiere, ovvero di un rischio specifico attinente alle attività oggetto del contratto di appalto; n. 14179 del 10/12/2020, dep. 2021, Costantino, Rv. 281014-01).
Per comprendere quali siano i compiti di tale peculiare figura della sicurezza sui luoghi di lavoro, occorre richiamare i principi affermati con riferimento alla variegata casistica: si è così affermato che il compito di controllo del coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori sull’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) che non preveda le modalità operative di una lavorazione in quota, non è limitato alla regolarità formale dello stesso e alla astratta fattibilità di tale lavorazione con i mezzi ivi indicati, ma si estende alla verifica della compatibilità di tale lavorazione con le concrete caratteristiche degli strumenti forniti e delle protezioni apprestate dall’impresa (sez. 4, n. 2845 del 15/10/2020, dep. 2021, Martinelli, Rv. 280319-01, in cui, in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del coordinatore della sicurezza per il reato di lesioni colpose ai danni di un lavoratore caduto da un ponteggio nel corso della realizzazione della pavimentazione di un balcone privo di barriere protettive, per non avere sollecitato l’appaltatore alla messa a norma di tale ponteggio, pericoloso per carenze strutturali, eccessivo distanziamento dalla parete e carenza di interventi manutentivi; n. 10544 del 25/1/2018, Scibilia, Rv. 272239-01, in fattispecie, nella quale, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità, per il reato di omicidio colposo, degli amministratori della società committente dei lavori, in conseguenza dell’infortunio sul lavoro occorso a un dipendente della società alla quale la subappaltatrice della prima
affidataria dei lavori aveva a sua volta subappaltato i lavori, in ragione della mancata nomina del CSE e delle gravissime carenze dei POS delle imprese esecutrici).
Deve altresì evidenziarsi il potere/dovere di inibizione dei lavori che l’art. 92, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 81/2008 riconosce in capo al coordinatore («sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate»).
Ad avviso dei giudici di legittimità la legge delinea sul coordinatore per la sicurezza una funzione peculiare, rispetto al generale compito di alta vigilanza che, come sopra già precisato, grava su tale figura della sicurezza (sez. 4, n. 14636 del 23/3/2021, Scalise; sez. 4, n. 27165 del 24/5/2016, Battisti, Rv. 267735): <<egli, oltre ai compiti specificamente assegnatigli dall’art. 92 citato, svolge una autonoma funzione di alta vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale e, sebbene non sia tenuto a un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, demandato ad altre figure operative, mantiene l’obbligo di attivarsi, in caso di sussistenza di un pericolo nei termini di cui all’art. 92 c. 1, lett. f), cit. Tale ultimo obbligo, tuttavia, non è correlato alla natura del rischio interferenziale che è chiamato a gestire, poiché egli risponde per colpa in omissione, allorquando versi in condizioni di avvedersi o essere informato dell’esistenza di un
pericolo grave e imminente e rimanga inerte, a prescindere dal fatto che il pericolo sia correlato a un rischio interferenziale. Tale interpretazione discende direttamente dalla lettera della legge: alla lett. e) della norma richiamata, infatti, il legislatore prevede che il coordinatore, allorquando riscontri la violazione di obblighi assegnati ad altre figure della sicurezza, proponga la sospensione dei lavori al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato, previa contestazione delle violazioni ai lavoratori autonomi o alle imprese>>.
L’ipotesi di cui alla lett. f) non è correlata al riscontro di specifiche violazioni da parte delle altre figure di gestori del rischio, ma direttamente ed esclusivamente alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente. Pertanto, a tal fine, diventa rilevante la verifica del momento del manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza di tale pericolo e della sua imminenza, ma anche quella della prevedibilità in capo al coordinatore medesimo, sul quale, come sopra ricordato, non grava l’obbligo di una presenza costante in cantiere.
Il giudizio controfattuale e la sicurezza dei luoghi di lavoro
Infine, va ricordato che nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica. Sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Sez. U, n. 30328 del 10/7/2002, Franzese, Rv. 222138; sez. 4, n. 33311 del 24/5/2012, Ramacciotti, Rv. 255585; sez. 4, n. 30469 del 13/6/2014, Jann, Rv. 262239).
A tal fine, il giudice deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità del caso concreto, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato attuato il comportamento richiesto dall’ordinamento (sez. 4, n. 21028 del 4/5/2011, Signore/li, Rv. 250325). La riflessione sull’indagine causale nella causalità omissiva si articola, dunque, in modo particolare e dà luogo a una inferenza predittiva, essendo il giudice chiamato a formulare una prognosi, posto che l’omissione in sé costituisce “un nulla” naturalistico.
Pertanto, è necessario inserire nel giudizio controfattuale una condotta astratta. In altri termini, il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario, si fonda anche sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e culmina nel già detto
giudizio di elevata probabilità logica, id est di corroborazione dell’ipotesi.
La particolarità, nel caso all’esame, è rappresentata, poi, dalla circostanza che il giudizio controfattuale va commisurato all’astratta esistenza della figura di gestore mancante, cosicché tale giudizio non potrà che avere ad oggetto anche una sequenza fisiologica astratta, per la quale, esistendo detta figura di garante e configurati normativamente i suoi obblighi di controllo e i suoi poteri inibitori, l’indagine riguarderà l’efficacia/inefficacia sul decorso causale della condotta doverosa esigibile nel caso concreto.
La soluzione della Corte
L’annullamento con rinvio da parte della Cassazione censura specificamente la mancata valutazione da parte dei Giudici di Appello di tutta una congerie di elementi fattuali valutati dal Tribunale per dimostrare, da un lato, la riconducibilità del rischio concretizzatosi agli obblighi di alta vigilanza del coordinatore e, sul piano della colpa in senso soggettivo, la evidenza e, quindi, diretta percepibilità dei segnali di un pericolo grave e imminente di crollo.
In altri termini, la sentenza cassata non avrebbe svolto il giudizio controfattuale nei termini descritti dal diritto vivente, a fronte di un ragionamento predittivo del Tribunale saldamente agganciato alle risultanze
istruttorie che avevano dato conto della tempistica del verificarsi del cedimento (comparsa della c.d. freccia nelle prime ore della mattina, durante la fase di innalzamento del ground support) e della tipologia dei segnali di allarme (le maestranze presenti essendosi accorte della deformazione della struttura che il consulente aveva definito di tipo progressivo, cioè prodottasi nell’arco di alcune ore, lasso di tempo che il primo giudice ha ritenuto apprezzabile, quando non francamente significativo), ragionamento concluso da quel giudice con una prognosi positiva di utilità della condotta doverosa omessa.
Di contro, la Corte d’appello, senza alcun confronto con i dati fattuali valorizzati, ha ritenuto del tutto
irrilevante la presenza del coordinatore per l’esecuzione dei lavori (in ciò condensandosi un embrione di giudizio controfattuale), operando un giudizio unitario sulla causalità della colpa e sulla colpa in senso soggettivo.
Quanto a quest’ultimo aspetto, in particolare, si evidenzia chiarisce la Corte che nell’ipotesi di cui all’art. 90, comma 4, d. Igs. n. 81/2008, il committente deve designare, ancor prima dell’affidamento dei lavori, un coordinatore che sia in possesso dei requisiti di cui all’art. 98 (quindi, del correlato titolo di studio, nonché di esperienza nello specifico settore della sicurezza e della prevenzione). Pertanto, è del tutto incongrua, rispetto al paradigma legale, la affermazione dei Giudici di Appello secondo la quale il coordinatore non avrebbe potuto percepire il pericolo grave e imminente di cedimento, non essendo in possesso di competenze pari a quelle del progettista tanto più che l’evidenza del cedimento era stata percepita sin dall’alba della giornata lavorativa dalle maestranze impegnate in cantiere.