Reati tributari: sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, legittimo il sequestro dell’azienda quale profitto del reato

Segnaliamo ai lettori del blog la sentenza della Terza Sezione Penale della Cassazione del 20.02.2023 n. 7041 con la quale si afferma la possibilità di sequestrare un’azienda quale profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del D.Lvo 74/2000).

Il caso in esame

Il Tribunale del Riesame di Bergamo ha confermato il decreto emesso dal GIP del Tribunale di Bergamo nei confronti di Tizio e della società Alfa sr. di convalida del sequestro preventivo disposto d’urgenza dal Pubblico ministero. Era stato ritenuto sussistente il fumus del reato di cui all’art. 11 D.lvo 74/2000 ascritto a Tizio quale legale rappresentante di Alfa per avere – al fine di sottrarsi al pagamento dell’Iva e delle imposte per importi superiori ai limiti di legge – alienato simulatamente i beni di Afa srI, al fine di
sottrarli alla procedura di riscossione; l’indagato aveva affittato il ramo di azienda relativo all’intera attività economica svolta dalla società (distributore di benzina e bar) con contratto del gennaio 2022 alla neo costituita Beta srI, per un canone mensile di C 2.000, spostando di fatto l’intero fatturato di Alfa srl alla nuova società.

ll GIP nel convalidare il provvedimento del PM ha disposto il sequestro preventivo diretto nei confronti di Alfa srl, ovvero, in caso di incapienza, il sequestro preventivo per equivalente nei confronti di beni di proprietà o anche solo nella disponibilità di Tizio (comprensivi delle quote di partecipazione societaria nella Beta srl fittiziamente intestate a terzi) fino alla concorrenza del valore dei canoni percepiti da Beta srl in forza del contratto di affitto di azienda stipulato a gennaio 2022. Ha, altresì, disposto il sequestro preventivo dei citati valori nonché dell’azienda coincidente con l’impianto di distribuzione di carburanti ubicato in Vigano San Martino, ritenendo che l’azienda oggetto del contratto di affitto stipulato da Alfa srl costituisca il profitto del reato da confiscare ai sensi dell’art. 12-bis D.lvo 74/2000 e prima di quel momento sequestrabile.

La decisione della Corte

La pronuncia della Cassazione ha confermato il provvedimento cautelare ed è molto interessante perché consente di fare il punto della situazione sia sulla norma incriminatrice che sul sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta.

Con la sentenza in commento la Corte ha infatti stabilito 1) che il profitto del reato (di sottrazione fraudolenta) va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma e 2) che la condotta di sottrazione fraudolenta può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell’Erario.

L’art. 11 del D.lvo 74/2000 sanziona invero chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare complessivo superiore a C 50.000,00, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

La norma incriminatrice è finalizzata ad impedire che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione dì apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario. Ed infatti, l’oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito del fisco , bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori (cfr. sul punto Sez. 3, n. 36290 del 18.05.2011).


Secondo la Cassazione “…La norma punisce due distinte condotte: l’alienazione simulata ed il compimento di atti fraudolenti. Per quanto qui interesse, per atto fraudolento (cfr. Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, D. T., Rv. 268798,) deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario …”.

Si tratta, afferma la Corte, di un reato di pericolo concreto e “…in ossequio al principio di offensività, si deve valutare l’idoneità ex ante dell’atto a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale del debito erariale. La diminuzione della garanzia può essere anche solo parziale, non necessariamente totale (Sez. 3, n. 6798 del 16/12/2015, dep. 2016, A., Rv. 266134), purché effettivamente in grado di mettere a rischio l’esazione del credito. La condotta può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell’Erario …”.

La sottrazione deve essere quindi “fraudolenta” e “… il carattere fraudolento di determinate operazioni negoziali presuppone che l’attività fraudolenta sia nascosta attraverso lo schermo formale di attività o documenti apparentemente regolari (Sez. 3, n. 40319 del 2016, S.) o l’adozione di un atto formalmente lecito – come l’alienazione di un bene – però caratterizzato da una componente di artificio o di inganno (Sez. 3, n. 25677 del 16/5/2012, C., Rv. 252996) …”.

A tal proposito è stato già affermato che il reato ex art. 11 D.lvo n. 74/2000 si possa concretizzare con l’affitto di azienda ove risulti che si tratti di un atto fraudolento (cfr. Sez. 3, n. 40319 del 16.06.2016 secondo cui la natura del delitto in esame come fattispecie di pericolo non impone che dall’atto apparentemente dispositivo consegua una effettiva erosione nell’area di garanzia dei crediti erariali costituita dal patrimonio del debitore, essendo sufficiente che si determini la semplice probabilità, da valutare al momento del compimento dell’atto stesso, che l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria possa essere impedita).

Su tali presupposti la Cassazione ha pertanto stabilito che “…il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. Il profitto, pertanto, non va individuato nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto …”.