Misure di prevenzione – Le Sezioni Unite in tema di prove nuove e revocazione della confisca.

Importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 43668 depositata il 17.11.2022) che fissa il criterio di rilevanza della prove nuove presentate in sede di richiesta revocatoria della confisca emessa a seguito del procedimento di prevenzione.

L’interpretazione dell’ambito di applicazione dell’istituto della revocazione della confisca, previsto dall’art. 28 del DLgs 159/2011 (Codice Antimafia), è stato oggetto di un contrasto progressivamente formatosi in relazione alla definizione del concetto di ‘novità’ della prova addotta dal richiedente.

Il punto nodale del contrasto interpretativo era individuabile nella corretta delimitazione delle ipotesi in cui una prova che si intende dedurre dopo la conclusione del procedimento possa ritenersi ‘sopravvenuta’ e ‘nuova’, così da legittimare la revocazione della confisca di prevenzione.

L’istituto, ispirato al modello generale della revisione della sentenza di condanna ex art. 630 CPP, mira infatti a realizzare una non facile mediazione tra la tendenza autoconservativa del giudicato di prevenzione e la necessità di verificare l’errore giudiziario, tanto che la sua esperibilità quale mezzo straordinario di impugnazione (con effetti riparatori/risarcitori piuttosto che restitutori) è legato alla ricorrenza di un novum probatorio che, se palesato al momento del provvedimento impugnato, avrebbe condotto ad una decisione di segno inverso.

Tuttavia, secondo il parere delle Sezioni Unite, l’interpretazione estensiva della nozione di novità della prova in materia di revisione della condanna penale non può essere automaticamente trasposta nell’area delle prevenzione penale in ragione anche delle diverse formule lessicali utilizzate (prove nuove “sopravvenute” e/o “scoperte”) per cui solo in caso di revisione la presenza della proposizione avversativa consente una maggiore ampiezza operativa rispetto alla revocazione.

La soluzione più restrittiva non contrasterebbe inoltre con la lettura costituzionalmente orientata della misura di prevenzione sancita dalla Corte cost. con la sentenza 24 del 2019 secondo cui la confisca è estranea allo statuto anche costituzionale delle condanne che irrogano pene, assumendo piuttosto “una funzione meramente ripristinatoria rispetto ad acquisti effettuati dal soggetto socialmente pericoloso senza un titolo validamente tutelabile, perché non conforme alle regole dell’ordinamento giuridico“.

Sotto tale aspetto, a giudizio delle Sezioni Unite, “la posizione del proposto o del terzo interessato che siano stati erroneamente attinti da una misura ablativa deve essere considerata maggiormente affine a quella del soggetto leso da una decisione erroneamente assunta all’esito di una controversia civile, piuttosto che a quella del soggetto cha ha subito una condanna penale“.

La scelta del Legislatore sarebbe quindi quella di una tendenziale stabilizzazione del giudicato in materia di prevenzione patrimoniale, consolidandone il più possibile gli effetti.

A conferma della soluzione restrittiva, la Corte richiama il diverso termine previsto per la revocazione (sei mesi dalla scoperta delle prove nuove) e per la revisione (al di fuori di ogni limite temporale): la previsione di uno stretto termine decadenziale sarebbe strutturalmente incompatibile con il caso di una prova introdotta nel procedimento, ma, in ipotesi, neppure implicitamente valutata, dal momento che, in siffatta evenienza, sarebbe impossibile individuare il dies ad quem da cui far scattare l’operatività del termine.

Da questa ricostruzione le Sezione Unite traggono pertanto la conclusione secondo cui la nuove prova che rende ammissibile il rimedio straordinario della revocazione “è quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di esso, sia quella preesistente, ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva“; diversamente dalla revisione “non lo è, invece, quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore“.

Nel caso specifico, alla stregua del principio di diritto così come enunciato, la Corte ha rigettato il ricorso fondato sulle nuove prove di carattere documentale (due aerofotogrammetrie eseguite sull’area territoriale di riferimento nell’agosto 2006 e nel maggio 2008, richieste dagli interessati il 24.06.2019, nonché una consulenza di parte espletata il 20.01.2020 da cui risultava che l’immobile confiscato era stato completato nel 2002, periodo in cui non era stata manifestata la pericolosità del proposto decorrente dal 2009).

Si afferma, infatti, che tali prove, erano nella diretta disponibilità dei ricorrenti o avrebbero potuto esserlo con un comportamento improntato all’ordinaria diligenza, ossia presentando nel corso del procedimento di prevenzione le medesime richiesta che hanno portato all’acquisizione dei rilievi aerofotogrammetrici successivamente prodotti solo con l’istanza di revocazione. Né i ricorrenti avrebbero indicato, sotto tale profilo, ragioni idonee a giustificare la tardiva acquisizione della documentazione.