La Consulta interviene su particolare tenuità del fatto e statuizioni civili: possibile la condanna alle restituzioni e ai risarcimenti (sent. 173/2022).

La Corte Costituzionale con la sentenza 173 del 25.05.2022 depositata il 12.07.2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 538 C.P.P., nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis C.P., decida sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli artt. 74 e seguenti C.P.P.

Come chiarito dalla Consulta, l’art. 131 bis C.P. è pur sempre una esimente al fatto offensivo che costituisce reato, dunque ad un fatto tipico, antigiuridico e colpevole la cui punizione si ritiene inopportuna in ragione del principio di extrema ratio del diritto penale, nonché del perseguimento di uno uno scopo deflattivo del carico di contenzioso.

In questo senso, unitamente alla previsione della particolare tenuità il Legislatore aveva introdotto l’art. 651 bis C.P.P. che alla sentenza di assoluzione ex art. 131 bis C.P. attribuisce comunque l’efficacia di giudicato «quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile […] per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale».

Per la Corte, quindi, il proscioglimento emesso ai sensi dell’art. 131 bis C.P. di fatto contiene tutti gli elementi necessari e sufficienti per la pronuncia sulla pretesa risarcitoria e sulle statuizioni civili.

Su tali premesse, l’art. 538 C.P.P. non consentendo al giudice penale di pronunciarsi rende la norma contrastante con il principio di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) per la disparità di trattamento rispetto a casi analoghi, nonché in violazione del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), in particolare della parte civile che subisce la mancata decisione in ordine alla sua pretesa sebbene fondata e meritevole di accoglimento proprio in ragione del contestuale accertamento, ad opera del giudice penale, della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della riferibilità della
condotta illecita all’imputato nel contesto del proscioglimento di quest’ultimo ex art. 131-bis C.P.

Infine, secondo la Corte Costituzione, la previsione contrasta oltre modo anche con il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) dal momento che a causa dell’arresto del giudizio penale che ne deriva, quanto alla domanda risarcitoria (o restitutoria), la parte civile è onerata ad introdurre un nuovo giudizio, anche solo per recuperare le spese sostenute nel processo penale.

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