Infortuni nei piccoli cantieri – Profili di responsabilità del committente privato
Con la sentenza n. 3715/2025 del 29 gennaio 2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha chiarito le condizioni in cui può essere riconosciuta la responsabilità penale del committente privato nei casi di infortunio a seguito di affidamento dell’esecuzione di lavori di piccola entità.

Il giudizio di merito
Secondo quanto ricostruito dal giudice di prime cure, l’imputato, rinviato a giudizio per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, aveva affidato a un’impresa l’incarico di eseguire lavori di rasatura e intonacatura su un prefabbricato situato nel giardino della sua abitazione.
Durante i lavori commissionati, uno degli operai, peraltro non formalmente assunto dall’impresa appaltatrice, si trovava su una impalcatura che presentava ganci di blocco difettosi che ne causavano l’instabilità delle ruote durante l’uso da parte del lavoratore.
Mentre era impegnato nell’attività lavorativa, l’operaio precipitava dall’impalcatura, da un’altezza di circa 1,5 metri, riportando lesioni gravissime che, nonostante diversi interventi chirurgici, ne causavano il decesso.
Il Tribunale, analizzando la dinamica dell’incidente, ha stabilito in termini controfattuali che, anche qualora l’imputato avesse richiesto all’impresa appaltatrice di presentare le certificazioni necessarie, queste avrebbero potuto essere sostituite da un’autocertificazione e che tale richiesta non avrebbe comunque impedito l’impiego di un’impalcatura priva dei requisiti di sicurezza.
In altri termini secondo il primo giudice l’imputato doveva essere assolto in quanto, nonostante la mancata verifica dei requisiti di affidabilità dell’appaltatore (culpa in eligendo del committente), l’incidente, attribuibile all’errato o difettoso utilizzo dell’attrezzatura di lavoro, avrebbe comunque interrotto il nesso causale tra l’omissione del committente e l’evento mortale.
Il ricorso in Cassazione
Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza di assoluzione, contestando la violazione della legge penale sostanziale in riferimento agli articoli 40, 43 e 589 C.P. sul presupposto che il Tribunale avrebbe commesso un errore nell’assolvere il committente, ritenendo irrilevante, sul piano causale, la mancata richiesta all’impresa della documentazione prevista dall’art. 90 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Secondo il ricorrente spetterebbe al committente il dovere di accertare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori selezionati; controllo che non può limitarsi alla semplice verifica dell’iscrizione nel registro delle imprese, ma deve includere un’attenta valutazione della struttura organizzativa dell’azienda e della sua adeguatezza in relazione ai rischi connessi all’opera da eseguire.
La decisione della Corte
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso evidenziando come non fosse in discussione il fatto che l’infortunio mortale abbia trovato causa non in un fattore di rischio proprio del cantiere, ma introdotto dalla ditta esecutrice.
Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l’appaltatore), anche al committente. Conseguentemente, la responsabilità dell’appaltatore non esclude quella del committente, che è corresponsabile qualora l’evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa.
Più in particolare, sostengono i giudici, <<l’affermazione della responsabilità del committente
presuppone la verifica, in concreto, dell’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di
prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435 – 01; Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016, dep. 2017, Vettor, Rv. 270100 – 01; Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi, Rv. 264974 – 01; Sez. 4, n. 3563 del 18/1/2012, Marangio, Rv. 252672; Sez. 4, n. 37840 del 01/07/2009, Vecchi, Rv. 245275 – 01)>>.
L’obbligo di verifica di cui all’art. 90, lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può quindi risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (conf., in relazione ad una vicenda simile a quella per cui si procede, Sez. 4, n. 28728 del 22/09/2020, Oliveri, Rv. 280049 – 01; Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016, Marangio, Rv. 267744 – 01).
Nella caso in esame il committente, per sua stessa ammissione, non avrebbe operato alcuna
verifica, nemmeno documentale, affidandosi a semplici rassicurazioni verbali: in tal modo, non ha operato alcun controllo, nemmeno meramente formale, scegliendo una impresa che, fino a poco tempo prima dell’infortunio, non aveva alcun lavoratore dipendente.
Nella valutazione degli infortuni in piccoli cantieri occorre stabilire se il committente, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori (circostanza non emersa nella fattispecie), abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa prescelta, la sua capacità organizzativa, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (dovendosi nello specifico raggiungere l’altezza di 3 metri circa), assicurandosi dell’effettiva disponibilità, da parte dell’appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza.
Naturalmente, la colpa nella scelta dell’impresa, e quindi, ancor prima, l’inidoneità dell’impresa, non potrà essere ritenuta per il solo fatto dell’avvenuto infortunio; occorre, infatti, verificare la presenza o meno di situazioni di manifesto pericolo percepibili direttamente dal committente-proprietario (presente in cantiere, anche al momento del fatto), e quindi tali da non poter essere ignorate (in questa prospettiva, cfr., anche Sez. 4, n. 23171 del 9/02/2016, Russo), e ciò in ragione delle circostanze di fatto emerse nel corso del processo, posto che le ruote dell’impalcatura rimanevano mobili durante l’utilizzo.
La Cassazione ha aggiunto infine che le modalità semplificate di cui al predetto comma 9, lett. a), riguardano i lavori che non comportano i rischi particolari di cui all’allegato XI), tra cui quelli che espongono i lavoratori a rischi di caduta dall’alto da altezza superiore a 2 metri, nel concorso delle ulteriori circostanze ivi indicate: il lavoro affidato, come visto, prevedeva la necessità quantomeno di raggiungere la quota di 3 metri, e quindi la contraria affermazione del Tribunale, così come formulata, mostra un ulteriore profilo di violazione di legge.