Una questione di diritto e non di muscoli: il “caso” Cospito e la possibile soluzione (indiretta) della Corte Costituzionale sul 41 bis

In considerazione dell’interesse mediatico della vicenda (relativa al procedimento nei confronti di Alfredo Cospito e allo sciopero della fame attuato dal medesimo in regime di 41 bis O.P.) si ritiene utile la pubblicazione dell’ordinanza con cui la seconda sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 C.P.

Nella formulazione vigente a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 3 della legge n. 251 del 2005, l’art. 69 comma 4 C.P., relativamente al delitto punito dall’art. 285 C.P., prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 311 C.P. sulla recidiva di cui all’art. 99 comma 4 C.P.

Quanto alla posizione di Alfredo Cospito, la Cassazione lo ha già dichiarato recidivo reiterato con valutazione ormai coperta dal giudicato, assume pertanto valore decisivo la valutazione circa la possibilità di applicazione o meno dell’art. 311 C.P. che prevede che «le pene comminate per i delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».

Nel caso di specie, infatti, l’imputato risponde in concorso del delitto di strage al fine di attentare alla sicurezza dello Stato in relazione a due ordigni esplosivi temporizzati (500 grammi di polvere pirica ciascuno) collocati nei pressi dell’ex caserma dei Carabinieri di Fossano; nell’attentato non vi sono stati né morti, né feriti.

In altri termini, la Corte che deve giudicare Cospito ha rimesso gli atti alla Consulta ritenendo irragionevole che il codice penale preveda sempre e comunque la pena dell’ergastolo per il delitto di strage a prescindere dalla condotta posta in essere e soprattutto dai suoi effetti.

Affermando la prevalenza della circostanza attenuante prevista dall’art. 311 C.P. sulla recidiva ex art. 99 comma 4 C.P., infatti, «potrebbe trovare applicazione il disposto dell’art. 65 comma 1 n. 2 C.P. Discende da questa premessa che il reato più grave fra quelli di cui l’odierno imputato è stato ritenuto responsabile (per cui sussiste il vincolo della continuazione con quelli di associazione con finalità di terrorismo, fabbricazione, detenzione e porto d’armi ed esplosivi a fini di terrorismo, attentato per finalità terroristiche ed istigazione a delinquere) non sarebbe più punito con l’ergastolo, bensì con una pena di durata compresa fra i venti ed i ventiquattro anni di reclusione».

In effetti, al di là di ogni valutazione sulla legittimità e sul perimetro del 41 bis per il quale Tribunale di Sorveglianza e Ministero non sembrano avere dubbi circa la sua applicabilità al detenuto (in attesa del pronunciamento della Cassazione), l’eventuale incostituzionalità della norma, nella parte in cui impedisce la disapplicazione dell’ergastolo, potrebbe rappresentare una via d’uscita rispetto all’evidente asimmetria tra le condizioni di detenzione imposte dalla legge per il reato di cui risponde il Cospito e l’effettiva lesività delle condotte che gli sono ascritte.

In buona sostanza, a fronte di una pena differente e più “mite” rispetto a quella dell’ergastolo, i gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza alla base dell’aggravamento potrebbero essere rivalutati, possibilmente prima di un esito irreparabile, in termini più favorevoli per il detenuto in un’ottica di necessaria personalizzazione del trattamento penitenziario e a prescindere da controproducenti pressioni di piazza.

Di seguito, scarica o leggi l’ordinanza della Corte di Assise d’Appello di Torino