Giustizia riparativa – il caso Carol Maltesi e l’ordinanza della Corte d’Assise
In considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, si segnala l’ordinanza con cui la Corte d’Assise di Busto Arsizio si è pronunciata sulla richiesta di ammissione ai programmi di giustizia riparativa da parte dell’imputato successiva alla sentenza di condanna di primo grado.
Nella lettura del provvedimento è interessante notare come, a fronte del dissenso delle altre parti (PM e parenti della vittima parti civili costituite), la Corte dia atto della natura pubblicistica del programma di giustizia riparativa che laddove ritenuto esperibile dai mediatori anche con “vittima cd. aspecifica”, si ritiene possa comunque essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede, giacché <<la ratio è quella di ricomporre la frattura che il fatto illecito crea non solo tra autore e vittima del reato, ma anche all’interno del contesto sociale di riferimento>>.
L’istituto di cui è stata chiesta l’applicazione, infatti, «ha anche, se non soprattutto, natura pubblicistica ed ha lo scopo ulteriore di far maturare un clima di sicurezza sociale, sicché la volontà del legislatore è indubbiamente di incentivare il ricorso a detto strumento, come chiaramente emerge dall’art. 43, comma 4, d.lgs. 150/2022, secondo cui l’accesso ai programmi di giustizia riparativa è sempre favorito».
Inoltre, ad avviso della Corte, «la fase processuale in cui l’istanza viene proposta non ha rilievo ai fini della valutazione dell’utilità dell’accesso ad un programma di giustizia riparativa, richiesta dal terzo comma dell’art. 129 bis c.p.p., poiché la norma prevede che l’invio al Centro per la giustizia riparativa possa essere disposto anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (ed addirittura anche nella fase delle indagini preliminari)».