Giudizio direttissimo e richiesta termini a difesa – Erronea preclusione dei riti alternativi – La Consulta chiarisce definitivamente

Pubblichiamo la sentenza 243 depositata il 2.12.2022 con la quale la Corte Costituzionale sanziona finalmente l’erronea e restrittiva interpretazione giurisprudenziale che riteneva precluso l’accesso ai riti alternativi in seguito alla concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo.

Il rapido susseguirsi delle fasi processuali del giudizio di convalida dell’arresto e dell’instaurazione del giudizio direttissimo, può risolversi, talvolta, anche in uno spazio di poche ore, il che rende non infrequente che l’imputato non sia assistito dal difensore di fiducia, e che si trovi, inoltre, a dover compiere la scelta sul rito senza disporre di alcun apprezzabile lasso di tempo, quando non in modo addirittura istantaneo.

Il Tribunale di Firenze dinanzi al quale era stata presentata richiesta di patteggiamento a seguito della concessione del termine a difesa a seguito dell’instaurazione del rito direttissimo, aveva ritenuto non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto gli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8 C.P.P. nella parte in cui, secondo un orientamento prevalente della Cassazione, prevederebbero il diritto ad un termine a difesa soltanto a seguito dell’apertura del dibattimento, invece di prevedere la possibilità di accedere ai riti alternativi anche all’esito del termine a difesa eventualmente richiesto.

La Consulta, nella sua motivazione, ha evidenziato come la possibilità di accedere a uno dei riti alternativi previsti dal legislatore costituisca «una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa» dell’imputato.

Nel caso del giudizio direttissimo, quindi, la scelta dell’imputato di accedere a uno dei riti speciali previsti dal codice di procedura deve raccordarsi con la disciplina particolarmente serrata dei tempi di instaurazione del giudizio, senza che ciò possa comportare il sacrificio delle essenziali esigenze difensive dell’imputato.

Alla luce di tali ragioni, la Corte costituzionale, preso atto dell’incompatibilità con l’art. 24 Cost. dell’interpretazione delle disposizioni censurate fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8 C.P.P. in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all’imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 C.P.P.