Corte Costituzionale – Illegittima la pena minima di due anni per il reato di appropriazione indebita
Si segnala il deposito della sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 646 primo comma C.P. modificato dall’art. 1, comma 1, lettera u), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici) – nella parte in cui prevede la pena della reclusione «da due a cinque anni» anziché «fino a cinque anni».
Con la sentenza n. 46/2024 la Consulta cancella l’aumento della pena minima per l’appropriazione indebita deciso nel 2019 e voluto da una legge la cui finalità essenziale era quella di combattere in modo più efficace la corruzione.
I giudici costituzionali hanno sottolineato che il legislatore detiene un’ampia facoltà nel delineare la propria strategia in materia penale, soprattutto per quanto riguarda la definizione delle pene per i reati e la selezione delle azioni che costituiscono illecito.
Ciò nonostante, ha precisato la Corte, tale facoltà non implica la libertà di agire arbitrariamente. Ogni normativa che implichi restrizioni dei diritti fondamentali dell’individuo deve essere supportata da una giustificazione razionale che attiene ad uno o più obiettivi legittimi che il legislatore intende raggiungere. Inoltre, i mezzi scelti per conseguire tali fini non devono apparire eccessivamente sproporzionati rispetto agli obiettivi stessi, anche se legittimi.
Nel caso di specie non sembrerebbero essere chiara la motivazione che ha spinto il legislatore a portare a due anni la pena minima per il reato di appropriazione indebita, la quale era fissata a quindici giorni di reclusione dal 1931 fino al 2019.
Tale decisione appare incomprensibile considerando che, secondo l’esperienza comune, il delitto in questione può manifestarsi con livelli di gravità molto vari: talvolta causa danni considerevoli alle vittime, altre volte (come nell’episodio al centro della giudizio di merito, appropriazione di 200 euro) si traduce in danni economici di entità limitata.
Inoltre, gli episodi meno gravi di appropriazione indebita, ai quali si dovrebbe applicare la pena minima, nella maggior parte dei casi non sono correlati a comportamenti che precedono o hanno a che fare con la corruzione o la creazione di ‘fondi neri’ utilizzabili a tale fine.
La Corte ha, infine, sottolineato, che il rimedio appropriato alla violazione della Costituzione riscontrata è qui, semplicemente, la cancellazione della pena minima, che resterà così automaticamente fissata in quella prevista in generale dal codice penale per la reclusione, pari appunto a quindici giorni.
Resterà poi libero il legislatore di valutare se stabilire un nuovo minimo di pena, nel rispetto del principio di proporzionalità tra gravità del reato e severità della pena.