Corte Costituzionale – Rito abbreviato – La rinuncia all’impugnazione apre alla sospensione condizionale della pena

Depositata la sentenza 208/2024 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice dell’esecuzione possa concedere la sospensione della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando il giudice della cognizione non abbia potuto farlo perché la pena determinata in sentenza superava i limiti di legge per la concessione dei benefici.

Con la pronuncia in esame, emessa in accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata dal GUP del Tribunale di Nola, il condannato che, dopo un giudizio abbreviato, non abbia presentato appello potrà accedere alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Questo sarà possibile se, grazie alla riduzione di un sesto introdotta dalla “riforma Cartabia”, la pena non supera i due anni di reclusione.

Nel caso specifico, l’imputato, condannato a due anni e quattro mesi di reclusione con rito abbreviato, aveva rinunciato all’appello, ottenendo così uno sconto ulteriore di un sesto della pena, come previsto dal nuovo comma 2-bis dell’articolo 442 C.P.P. Il giudice dell’esecuzione ha quindi ridotto la pena a un anno, undici mesi e dieci giorni di reclusione. Tuttavia, il condannato ha anche richiesto i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, concessi in generale quando la pena inflitta è inferiore a due anni di reclusione.

Il giudice ha osservato che la riforma non conferisce esplicitamente questo potere al giudice dell’esecuzione. Considerando che tale omissione non fosse compatibile con il principio di eguaglianza e la funzione rieducativa della pena, il giudice ha portato la questione alla Corte costituzionale.

La Corte ha chiarito che i principi costituzionali richiedono di riconoscere al giudice dell’esecuzione la facoltà di valutare la concessione dei due benefici, quando la pena è ridotta entro il limite dei due anni grazie alla riduzione prevista dalla riforma.

La Corte ha evidenziato come i benefici esaminati siano funzionali alla finalità rieducativa della pena, entrambi di lunga tradizione nel nostro ordinamento. La sospensione condizionale, in particolare, mira a prevenire gli effetti negativi della detenzione breve e a scoraggiare la commissione di nuovi reati attraverso la minaccia di revoca del beneficio, promuovendo il reinserimento sociale del condannato tramite obblighi riparatori, ripristinatori o di recupero associati al beneficio.

In conformità con il principio costituzionale della finalità rieducativa, il legislatore ha stabilito che le pene detentive non superiori a due anni possono essere sospese. Questo principio deve applicarsi anche quando la pena finale risulta da sconti concessi dal legislatore in cambio di scelte processuali che comportano la rinuncia volontaria dell’imputato a garanzie costituzionali di difesa, contribuendo così al funzionamento più rapido ed efficiente del sistema penale.

La Corte ha concluso che il giudice poteva concedere i benefici al condannato secondo la legge vigente, interpretata alla luce dei principi costituzionali. Tuttavia, poiché due recenti sentenze della Corte di cassazione hanno interpretato la normativa in senso opposto, la Corte costituzionale ha deciso di intervenire per garantire la certezza del diritto processuale, dichiarando costituzionalmente illegittima l’assenza di una previsione esplicita che consenta al giudice dell’esecuzione di concedere i due benefici, quando il giudice della cognizione non ha potuto farlo a causa della pena originariamente superiore ai limiti di legge.

La Corte ha inoltre dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 676, comma 3-bis C.P.P. nella parte in cui non consente al giudice dell’esecuzione di concedere la sospensione della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando il giudice della cognizione non ha potuto farlo a causa della pena superiore ai limiti di legge che permettono tali benefici.