Certificato medico per attività sportiva agonistica – Rilascio per atleta cardiopatico – Omicidio colposo

Si segnala la sentenza n. 20943 depositata il 17.05.2023 dalla Quarta Sezione della Corte di Cassazione con la quale è stata confermata la condanna del medico dello sport che aveva rilasciato, nonostante le indicazioni provenienti dagli esami diagnostici effettuati, certificato di idoneità all’attività sportiva agonistica ad un ciclista che, nel corso di allenamento su strada, moriva per improvviso arresto cardio-circolatorio.

Il giudizio di merito.

Nel caso in esame l’imputato, medico specializzato in medicina dello sport, dopo aver sottoposto il paziente ad ECG, aveva rilasciato certificato medico di idoneità all’attività sportiva per l’atleta in due occasioni.

Le sentenze di primo e secondo grado evidenziavano tuttavia che già il primo ECG del 1° febbraio 2012 si era dimostrato indicativo di un’ischemia miocardica infero-laterale con test positivo per ischemia miocardica inducibile e che il successivo ECG del 4 marzo 2013 aveva mostrato la comparsa di inversione dell’onda T in A VL, V1 e V2 ed extrasistolie in fase di recupero, aspetti tutti indicativi di un peggioramento nel corso dell’ultimo anno (in quest’ultima occasione, il medico prescriveva l’effettuazione di un “ecocardiogramma per extrasistolia in fase di recupero”).

Invero, stante la presenza di elementi diagnostici indicativi con certezza di ischemia miocardica inducibile e di aritmie ventricolari complesse, secondo i giudici di merito, il medico avrebbe dovuto astenersi dal rilasciare nel 2012 e nel 2013 il certificato di idoneità allo svolgimento di attività sportiva agonistica sulla base dei “Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico“.

Gli esiti degli ECG del febbraio 2012 e del marzo 2013 avrebbero dovuto ingenerare nel medico il sospetto della sussistenza di una cardiopatia ischemica, per cui sarebbe stato necessario svolgere esami strumentali maggiormente specifici rispetto ad un semplice ecocardiogramma e comunque imporre il mancato rilascio del certificato di idoneità.

Il giudizio di legittimità.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’imputato ribadendo la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa e il decesso posto che, a fronte di un tracciato ECG patologico, se il medico non avesse rilasciato il certificato di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo e avesse
indirizzato il paziente ad una completa valutazione cardiologica, in modo da prevenire future aritmie, l’omesso riconoscimento dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica avrebbe indotto l’atleta a non proseguire gli allenamenti intensi in bicicletta risultati poi idonei a provocare “una discrepanza ossigenativa su una parte del muscolo scheletrico“.

L’impiego esigibile della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non già la superficiale diagnosi che aveva dato luogo al rilascio del certificato di idoneità sportiva, bensì l’effettuazione di esami maggiormente approfonditi che avrebbero evitato, con ampio margine di probabilità, la morte del ciclista la quale, invece, avveniva improvvisamente durante l’attività fisica espletata.

In altri termini, correttamente i giudici di merito hanno accertato che la morte improvvisa del paziente poteva e doveva essere scongiurata mediante un diligente ed oculato comportamento professionale del medico, per cui, quello diverso da lui tenuto, nel caso concreto, si palesava, sotto il duplice profilo della negligenza e dell’imperizia, colposo ed eziologicamente incisivo sul determinismo dell’evento mortale, avendo consentito l’automatica ammissione del soggetto all’attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica ed essendo, di contro, razionalmente altamente credibile che la sua morte sarebbe stata evitata, se non avesse svolto l’allenamento ciclistico (Sez. 4, n. 38154 del 05/06/2009, R.C., Rv. 245781-2, secondo cui risponde di omicidio colposo il cardiologo, che attesti l’idoneità alla pratica sportiva agonistica di un atleta, in seguito deceduto nel corso di un incontro ufficiale di calcio a causa di una patologia cardiologia – nella specie, “cardiomiopatia ipertrofica” – non diagnosticata dal sanitario per l’omessa effettuazione di esami strumentali di secondo livello che, ancorché non richiesti dai protocolli medici, dovevano ritenersi necessari in presenza di anomalie del tracciato elettrocardiografico desumibili dagli esami di primo livello; Sez. 4, n. 18981 del 09/03/2009, Giusti, Rv. 243993).